La Guerra Fredda
La Primavera di Praga (in ceco Pražské jaro, in slovacco Pražská jar) è stato un periodo storico di liberalizzazione politica avvenuto in Cecoslovacchia all’epoca in cui questa era sottoposta al controllo dell’Unione Sovietica, dopo gli eventi successivi alla seconda guerra mondiale e nell’ambito della guerra fredda. Essa iniziò il 5 gennaio 1968, quando lo slovacco Alexander Dubček divenne segretario del Partito Comunista di Cecoslovacchia, terminando il 20 agosto dello stesso anno, quando un corpo di spedizione militare dell’Unione Sovietica e degli alleati del Patto di Varsavia invase il paese.
Le riforme della Primavera di Praga furono un tentativo da parte di Dubček di concedere nuovi diritti ai cittadini grazie ad un decentramento parziale dell’economia e alla democratizzazione. Le libertà concesse inclusero un allentamento delle restrizioni alla libertà di stampa e di movimento. Dopo una discussione nazionale sulla possibilità di dividere il paese in una federazione di tre repubbliche, Boemia, Moravia-Slesia e Slovacchia, Dubček sostenne la decisione per la divisione della Cecoslovacchia in due nazioni distinte: la Repubblica Ceca e la Repubblica Slovacca. Questo è stato uno dei pochi cambiamenti – che sarebbe comunque divenuto operativo solo dopo la fine del blocco sovietico – che è sopravvissuto alla fine della Primavera di Praga.
Le riforme, in particolare quelle per il decentramento delle autorità amministrative e le libertà di espressione, non furono assecondate dai sovietici che, dopo il fallimento dei negoziati, inviarono migliaia di soldati e carri armati del Patto di Varsavia ad occupare il paese. Si verificò una ondata di emigrazione verso i paesi dell’Europa occidentale, mentre le proteste non violente furono all’ordine del giorno, tra cui le proteste-suicidio dello studente Jan Palach e di altre persone che lo emularono. La Cecoslovacchia rimase occupata fino al momento della caduta del muro di Berlino che segnò la fine del blocco sovietico.
Dopo l’invasione, la Cecoslovacchia entrò in un cosiddetto periodo di normalizzazione: i leader successivi ripristinarono le condizioni politiche ed economiche antecedenti a Dubček, grazie al controllo del Partito Comunista di Cecoslovacchia (KSČ). Gustáv Husák sostituì Dubček e divenne anche presidente, annullandone quasi tutte le riforme. La primavera di Praga ha ispirato la musica e la letteratura, come le opere di Václav Havel, Karel Husa, Karel Kryl e il romanzo di Milan Kundera: L’insostenibile leggerezza dell’essere. In Italia l’evento fu messo in musica dal cantautore Francesco Guccini (1970). La canzone, dal titolo Primavera di Praga, fu cantata e incisa anche dal complesso musicale Nomadi.
La stagione delle riforme ebbe bruscamente termine nella notte fra il 20 e il 21 agosto 1968, quando una forza stimata fra i 200.000 e i 600.000 soldati e fra 5.000 e 7.000 veicoli corazzati invase il paese. Le unità principali che effettuarono l’invasione erano le formazioni corazzate e meccanizzate del Gruppo di forze sovietiche in Germania che penetrarono in Cecoslovacchia dalla Sassonia. Il grosso dell’esercito cecoslovacco, forte di 11 o 12 divisioni, obbedendo ad ordini segreti del Patto di Varsavia, era stato schierato alla frontiera con l’allora Germania Ovest, per agevolare l’invasione e impedire l’arrivo di aiuti dall’occidente. La Romania, pur essendo nel Patto di Varsavia, non partecipò all’invasione giudicata come aggressione ad un Paese socialista amico.
L’invasione coincise con la celebrazione del congresso del Partito Comunista Cecoslovacco, che avrebbe dovuto sancire definitivamente le riforme e sconfiggere l’ala stalinista. I comunisti cecoslovacchi, guidati da Alexander Dubček, furono costretti dal precipitare degli eventi a riunirsi clandestinamente in una fabbrica, ed effettivamente approvarono tutto il programma riformatore, ma quanto stava accadendo nel paese rese le loro deliberazioni completamente inutili. Successivamente questo congresso del partito comunista cecoslovacco venne sconfessato e formalmente cancellato dalla nuova dirigenza imposta da Mosca a governare il paese.
I paesi democratici dovettero limitarsi a proteste verbali, poiché era chiaro che il pericolo di confronto nucleare al tempo della Guerra Fredda suggerì ai paesi occidentali di non ingaggiare una sfida militare nell’Europa centrale che avrebbe aperto a scenari di guerra atomica.
Dopo l’occupazione si verificò un’ondata di emigrazione, stimata in 70.000 persone nell’immediato e di 300.000 in totale, che interessò soprattutto cittadini di elevata qualifica professionale. Gli emigranti riuscirono in gran parte ad integrarsi senza problemi nei paesi occidentali in cui si rifugiarono.
La fine della Primavera di Praga aggravò la delusione di molti militanti di sinistra occidentali nei confronti delle teorie leniniste, e fu uno dei motivi della nascita delle idee eurocomuniste in seno ai partiti comunisti occidentali. L’esito finale di questa evoluzione fu la dissoluzione di molti dei partiti marxisti venti anni dopo, con la caduta del Muro di Berlino.
Dieci anni dopo, la Primavera di Praga passò simbolicamente il suo nome ad un analogo periodo di liberalizzazione della politica cinese, noto come Primavera di Pechino.
In Italia, il Partito Comunista Italiano di Longo-Berlinguer parlò di “grave dissenso” in seno al comportamento dei sovietici a Praga, mentre il manifesto, periodico vicino all’ala sinistra del partito, affermò che il socialismo sovietico era divenuto un sistema non più riformabile.
La condanna dei fatti di Praga arrivò dal PCI solamente dieci anni dopo, quando ormai era iniziata la rivoluzione liberista di Reagan e della Thatcher, e il dibattito politico si interrogava sulla possibilità stessa di un socialismo democratico, anziché di un socialismo diverso da quello sovietico.
Filmato : AP
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