Le Guerre africane
Al largo delle coste della Somalia, in preda alla guerra civile e teatro di azioni illegali esterne di ogni genere, dagli anni Novanta del XX secolo il fenomeno della pirateria ha reso difficile e molto pericolosa la navigazione nel Corno d’Africa. Un mare diventato, in pochi anni, teatro di strenua difesa degli equipaggi assaltati, improvvisata con aumento della velocità, lanci di oggetti, idranti, sbarramenti di filo spinato sulle murate, colluttazione e riparo nella cittadella (lo spazio blindato e sicuro di cui molte navi sono state dotate). Alle misure passive, si sono aggiunte quelle attive: pattugliamento delle acque da parte delle Marine Militari degli Stati di bandiera; missioni Nato, Ue e di altri Paesi; imbarco di personale armato sulle navi in attraversamento delle acque a rischio. La presenza militare ha indubbiamente esercitato un forte effetto di deterrenza, che in Corno d’Africa da quasi trecento attacchi nel 2011, ha portato all’azzeramento delle azioni piratesche nel 2018. Ma l’allerta non può abbassarsi, perché la Somalia, purtroppo, resta terra violata da inquinamento, conflitto e povertà, elementi che alimentano la pirateria.
Mentre sul versante orientale il fenomeno si sopiva, si sviluppava sulla costa opposta del continente africano, nel Delta del Niger, oggetto di intense attività estrattive che hanno inquinato i territori e sconvolto il sistema di vita delle popolazioni locali. Analogamente all’escalation somala, la pirateria del Golfo di Guinea da forma di saccheggio si è ben presto evoluta in sequestri di navi e di equipaggi a scopo di riscatto, svolta da bande ben armate e dotate di pescherecci o altre imbarcazioni sottratte ad altri, in grado di navigare per più giorni e calare in mare piccole barche veloci cariche di uomini armati all’assalto della nave avvistata, con raggio di azione anche ad oltre 200 miglia dalla costa
Dopo aver registrato nel 2020 il triste primato del 90% dei rapiti in 22 attacchi (130 su un totale di 135 marittimi vittime di episodi di questo genere a livello globale), nei primi sei mesi di questo anno il Golfo di Guinea è stato il teatro di tutti i rapimenti di membri di equipaggio e dell’unico caso di un marittimo rimasto ucciso. Su un totale di 68 episodi, in calo rispetto al primo semestre 2020 di oltre il 30%, il Piracy Reporting Center (PRC), dell’International Maritime Bureau (IMB), riporta che oltre un un terzo di essi è avvenuto nel Golfo di Guinea, confermando il peso in leggero aumento della pirateria del Golfo. Per fronteggiare questa grave emergenza, si stanno mettendo in campo rimedi analoghi a quelli sperimentati in Somalia, ma non con gli stessi approcci diplomatici e militari, essendo il Golfo di Guinea l’affaccio marittimo di dieci Stati sovrani.
La Marina Militare italiana è ben consapevole che “la libertà di fruizione del mare permette un’economia florida e lo svolgimento normale della vita quotidiana”, come ha esordito il Capo Reparto Piani e Operazioni del Comando in Capo alla Squadra Navale, C.A. Massimiliano Lauretti (Cincnav). La Marina italiana dispiega nel Golfo di Guinea, area di interesse strategico nazionale, fregate molto avanzate, che intervengono con elicotteri e fanti armati della San Marco. Il Golfo di Guinea registra “una presenza media giornaliera di circa trenta mercantili italiani“, la cui protezione è di interesse nazionale. Il “sistema di sicurezza marittima è parte integrante di quella nazionale” ha osservato Lauretti, ma “nulla può essere fatto senza cooperazione, information e condivisione”.
Il sistema adottato dall’Italia mette in sinergia tutte le parti: militare, civile e guardia costiera, che richiede un approccio sistemico militare, diplomatico e civile/commerciale, tanto più che “non esistono aree franche e i marittimi rapiti vengono portati in acque territoriali che hanno bisogno di interventi diplomatici”. Il coordinamento delle navi militari di vari paesi vede l’Ue in prima linea, anche se non equivale ad operazioni congiunte, ostacolate da interessi contrastanti, che attiverebbero strumenti ancora più efficaci: “Da un punto di vista tattico, è un fattore di potenza l’insieme di tutte queste navi, ed il loro coordinamento flessibile ed efficace”, che coinvolge attivamente anche le Marine dei paesi rivieraschi del Golfo.
La cooperazione è uno dei punti di forza principali per il contrasto alla pirateria, confermato anche dal comandante della fregata Luigi Rizzo, Dario Castelli. Rientrata a La Spezia dopo 116 giorni (14 marzo-10 giugno) di missione operativa continuativa nel Golfo di Guinea, la Rizzo, unità Fremm GP (General Purpose), costruita da Fincantieri, entrata in servizio nel 2017 e dotata di slitta a poppa per il rilascio rapido dei mezzi veloci, ha assolto ai compiti di prevenzione e contrasto della pirateria, e di cooperazione con le marine locali e alleate, con circa 200 militari a bordo, tra cui il gruppo operativo subacqueo, e due elicotteri. Ha monitorato oltre cento mercantili al giorno in transito, percorso circa 24mila miglia di mare, partecipato a 17 eventi addestrativi multi-nazionali, ed interagito con 15 Paesi. Nella sua funzione di Marine Security, ha concorso al maxi sequestro di un carico di oltre sei tonnellate di cocaina diretto verso le coste africane, e supportato la Marina del Togo nel soccorso alla portacontenitori Contship New, attaccata lo scorso 23 aprile con rapimento di cinque marittimi, rilasciati solo pochi giorni fa.
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