La Turchia alimenta la guerra tra Azerbaijan e Armenia
Autore: Robert Jordan (fonti: ANBAMED, Marco Florian, Ansa)
Dopo Siria, Libia, Iraq e (forse) il Mediterraneo orientale, il governo di Ankara sta aprendo un altro fronte di guerra. Secondo i media siriani e testimonianze locali, la Turchia ha trasferito 1200 miliziani siriani in Azerbaigian. Come in Libia, il governo turco interviene nelle zone di crisi per una politica estera aggressiva e guerrafondaia. Il contenzioso irrisolto della regione del Nagorno Karabakh, tra Armenia e Azerbaigian, è usato strumentalmente dal presidente Erdogan, per accrescere le zone d’influenza della Turchia, facendo leva sui sentimenti nazionalistici. Il Nagorno Karabakh è l’ennesimo scenario di crisi, come i precedenti di Siria e Libia, nel quale Russia e Turchi si misurano in un braccio di ferro a spese di altri popoli. D’altronde il Sultano turco, se da una parte è costretto a comportarsi in questo modo a causa della spaventosa crisi dell’economia turca, ha buon gioco nel farlo per la posizione che è riuscito a conquistarsi nello scacchiere internazionale. E la sua politica aggressiva gli permette di avere l’incondizionato appoggio degli elementi ultranazionalisti (oltretutto, tutti i suoi oppositori sono ormai in prigione, in esilio oppure morti). E la debolezza politica della UE, oltre ai creditori delle banche spagnole, tedesche e italiani e gli interessi economici delle aziende di armi danno un grande vantaggio a Erdogan.
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