La storia della famiglia Maggi

Il 29 Aprile 1945 reparti dalla 42a e 45a divisione di fanteria dell’US Army liberano il lager di Dachau: attivo dal marzo 1933, all’ indomani della presa del potere da parte di Hitler e inizialmente destinato a internare gli oppositori politici tedeschi, è stato il lager nazista attivo per più tempo (praticamente coincide con tutta la durata del nazismo).
Dal 1943 al 1945 furono internati circa 40mila italiani (8000 ebrei, il resto antifascisti, partigiani e militari che non avevano aderito alla RSI).
Uno di loro è stato Eugenio Maggi.
La testimonianza del figlio Ettore:

Mio padre, nato a Genova nel 1919, era figlio di un operaio specializzato dei cantieri navali di Riva Trigoso che, pur non interessandosi di politica, aveva rinunciato al posto di capo reparto (e perso il lavoro) per non doversi iscrivere al Partito Nazionale Fascista. Da quell’episodio viene schedato e la sua vita e quella della sua famiglia è segnata. Arresti, difficoltà a trovare lavoro, incendio dell’officina e così via, oltre a un pestaggio da parte della MVSN che lo rende invalido.
Mio padre inizia a lavorare a 12 anni e col tempo diventa anche lui operaio specializzato ed entra giovanissimo nelle fabbrica S. Giorgio di Sestri Ponente, lavorando alle centraline di tiro dei cannoni della marina militare. Riformato a causa di un grave incidente a un occhio, non è costretto a partecipare alla guerra.
Dopo l’8 Settembre 1943 entra nella brigata (in realtà militarmente ha le dimensioni di una compagnia) anarchica Malatesta (una delle prime formazioni partigiane genovesi. Nell’ estate del 1944, a seguito di una spia infiltrata (il cognome era Piombo, fu condannato a diversi anni di carcere nel dopoguerra poi liberato dopo pochi mesi) la formazione è decimata dagli arresti. I superstiti entrano in altre formazioni
Mio padre passa alla brigata Alpron (del CVL-CNL), ma è arrestato dalle Brigate Nere genovesi insieme a 3 suoi amici.
Detenuto nella questura di Genova, è interrogato e torturato dalla Squadra politica comandata dal famigerato commissario Giusto Veneziani. A questo punto apro una parentesi. Nel suo Il sangue dei vinti, il giornalista G. Pansa lo descrive come un semplice funzionario fascista barbaramente uccisodai partigiani dopo la liberazione. Come in quasi tutto il libro, Pansa scrive cose inesatte. In questo caso doppiamente inesatte. Innanzi tutto non era un semplice funzionario fascista, ma un crudele aguzzino (fece arrestare anche molti ebrei, esulando dalle sue competenze politiche e condannandoli a morte) che torturò e fece torturare molte persone, tra cui una giovane staffetta partigiana incinta, Rina Chiarini, che a causa del pestaggio perse il bambino (cfrt. Valerio Chiarini “Rina e Remo”). Secondo, Giusto Veneziani non fu ucciso dai partigiani ma fu condannato a morte da un tribunale militare e fucilato.
Tornando alla vicenda di mio padre, fu trasferito al carcere di S. Vittore, dove alcuni suoi compagni furono fucilati dalla Legione Muti il 10 agosto come rappresaglia a un attentato partigiano.
Destinato anche lui alla fucilazione, fu “salvato” dalle SS che lo deportarono prima nel campo di concentramento di Bolzano, dove una guardia altoatesina gli fornì, a suo rischio, carta e matita per scrivere a sua madre e spedì personalmente la lettera (pubblicata nel volume curato da Mario Avagliano Voci dal lager pubblicato da Einaudi).
Fu deportato a Flossenbürg nell’ottobre 44 e poi inviato a un sottocampo di Dachau (matricola 116335), in cui fu destinato a un’officina dove venivano assemblati i motori dei caccia Messerschmitt 109.
Un ufficiale della Wehrmacht ferito sul fronte russo che gestiva l’officina gli salvò la vita varie volte.
Dopo la liberazione del campo da parte degli americani fu curato in un ospedale della Croce Rossa (pesava circa 35 chili).

Fonti:
-Archivio personale famiglia Maggi
-Il libro dei deportati (Mursia)
-Voci dal lager (Einaudi) a cura di Mario Avagliano e Marco Palmieri
-I confini del lager (Mursia) a cura di Antonio Piccini
-Wikipedia

Documenti dal campo di Dachau 2

Documenti dal campo di Flossenbürg.
Pavolini, segretario del Partito Fascista Repubblicano, fondatore e comandante delle Brigate Nere.



Il processo all’ Obersturmbannführer delle SS Martin Weiß, comandante del lager di Dachau.

L’Obersturmbannführer delle SS Martin Wieß, impiccato nel 1946

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