Il pugile e la guerra

Il campione mondiale di pugilato dei pesi massimi, il tedesco Max Schmeling, con la Settima Divisione aerea, l’unità di paracadutisti a cui fu destinato durante la Seconda guerra mondiale. Schmeling era diventato un idolo in Germania battendo il grande pugile americano Joe Louis nel 1936: la sua vittoria fu usata dal Nazismo per promuovere le idee sulla superiorità degli ariani. Due anni dopo fu Louis a mettere al tappeto Schmeling. In guerra Schmeling credeva che il suo incarico militare come paracadutista a Creta fosse una punizione per la sua sconfitta.
Lo scrittore Curzio Malaparte dedica a Schmeling alcune belle pagine del suo romanzo «Kaputt». Eccole:
«[Il governatore tedesco della Polonia] Frank gli domandava di Creta, e della grave ferita che egli aveva ricevuto in quell’avventurosa ed eroica impresa, alla quale Max Schmeling aveva preso parte come paracadutista. E aggiunse, volgendosi a me, che i prigionieri inglesi, a Creta, mentre Schmeling passava in barella, agitavano la mano in aria e gridavano: «Hello, Max!».
«Ero disteso in barella, ma non ero ferito», disse Schmeling. «La notizia che io fossi stato gravemente ferito a un ginocchio, era una notizia falsa, lanciata da Goebbels a scopo di propaganda. Dissero perfino che ero morto. La verità è molto più semplice: soffrivo di crampi allo stomaco». Poi aggiunse: «Voglio essere sincero: soffrivo di colica».
«Non c’è nulla di umiliante, neppure per un eroico soldato, nel fatto di soffrire di colica», osservò Frank.
«Non ho mai pensato che ci sia qualcosa di umiliante, in una colica», disse Schmeling sorridendo ironicamente. «Avevo preso freddo, non era certo una colica di paura. Ma quando si pronunzia, parlando di un soldato, la parola colica, tutti pensano alla paura».
«Nessuno, parlando di voi, può pensare alla paura», disse Frank. Poi mi guardò, e disse: «Schmeling, a Creta, si è comportato da eroe. Non vuole che si dica, ma è un autentico eroe».
«Non sono affatto un eroe», disse Schmeling sorridendo, ma capivo che era lievemente annoiato. «Non ho avuto neppure il tempo di combattere. Mi sono lanciato dall’apparecchio a cinquanta metri dal suolo, e sono rimasto disteso fra i cespugli, con quei terribili dolori di ventre. Quando ho letto che ero rimasto ferito in combattimento, ho subito smentito la notizia in un’intervista con un giornalista neutrale: ho detto che soffrivo semplicemente di crampi allo stomaco. Goebbels non mi ha mai perdonato quella smentita. Mi ha perfino minacciato di farmi comparire davanti a un tribunale militare, per disfattismo. Se la Germania perdesse la guerra, Goebbels mi farebbe fucilare».
«La Germania non perderà la guerra», disse Frank severamente.
«Natürlich», disse Schmeling; «la Kultur tedesca non soffre di colica».

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