Battaglia di Austerliz
«Un soldato in marcia è circondato, limitato e trascinato dal suo reggimento come un marinaio sulla sua nave. Come per il marinaio, per quanto lontano possa andare e per quanto strane, ignote e pericolose siano le latitudini nelle quali egli s’inoltra, ci sono sempre gli stessi ponti, gli stessi alberi, le stesse funi della nave, così intorno al soldato ci sono sempre e dappertutto i suoi compagni, le stesse file, lo stesso sergente maggiore Ivan Mitric, lo stesso cane della compagnia, Calabrone, gli stessi superiori. Ben di rado il soldato desidera conoscere le latitudini in cui si trova questo suo bastimento; ma il giorno della battaglia, Dio sa come e da dove, nel mondo morale dei soldati risuona una nota severa uguale per tutti, che echeggia l’avvicinarsi di qualcosa di decisivo e di solenne e li spinge a una curiosità che in genere non provano. Nei giorni della battaglia i soldati, eccitati, cercano di uscire dall’ambito degli interessi del loro reggimento, e ascoltano, osservano, domandano avidamente che cosa stia succedendo intorno a loro».Lev Nikolaevic Tolstoj, «Guerra e Pace», descrizione della battaglia di Austerlitz, 2 dicembre 1805
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