Le Guerre africane
Esecuzioni, saccheggi, M23 che avanza: 7 mila morti in due mesi
Repubblica democratica del Congo Strage a Bukavu, scambio di accuse tra ribelli e governo. L’esercito congolese allo sbando. I combattimenti non si fermano nella regione dei Grandi Laghi. Civili in fuga
Non c’è pace nella regione dei Grandi laghi. Sarebbero saliti a sedici i morti, oltre a decine di feriti, provocati giovedì da un attentato con esplosivi e armi da fuoco a Bukavu, conquistata il 16 febbraio dai miliziani antigovernativi dell’M23 che con il loro braccio «politico», Alliance Fleuve Congo (Afc) e appoggiati dal Ruanda continuano ad avanzare nell’Est della Repubblica democratica del Congo (Rdc).
NON SONO ANCORA CHIARI la dinamica e i responsabili della strage, alla fine di un comizio del coordinatore dell’Afc/M23, Corneille Nangaa. Scambio di accuse: sia il presidente congolese Félix Tshisekedi sia gli occupanti denunciano un «attentato terroristico».
Ed è saltato venerdì il programmato incontro regionale, ad Harare (Zimbabwe), fra i ministri degli Esteri della Comunità dell’Africa orientale (Eac) e della Comunità di sviluppo dell’Africa del Sud (Sadc), per promuovere un accordo di cessate il fuoco e la descalation fra Kinshasa e Kigali.
Intanto Afc e M23 stabiliscono amministrazioni parallele nelle città occupate e avanzano sul terreno; sono ormai a Uvira, a poca distanza dal Burundi e dalla sua capitale economica Bujumbura. Non riesce a fare da barriera, malgrado l’aiuto da parte dei soldati burundesi, l’esercito congolese (Fardc), scarsamente equipaggiato e sottopagato – come ammesso anche da Kinshasa. Soldati allo sbando si sono dati a ruberie e violenze, secondo le denunce.
L’INSICUREZZA è generalizzata, malgrado il tentativo delle persone di riprendere la loro pur povera vita. Si denunciano esecuzioni, sequestri, aggressioni, furti, penuria e caro vita. Dal Kivu, tanti fuggono verso il Burundi (rischiando la vita nel fiume Ruzizi); fra questi, secondo dichiarazioni raccolte dalla Bbc, giovani che sfuggono all’arruolamento da parte dell’M23. A Goma, il 27 gennaio, l’ospedale Heal Africa ha denunciato una violenta irruzione notturna di miliziani a caccia di soldati congolesi feriti o di miliziani Wazalendo, alleati delle Fardc. Sempre a Goma diversi caschi blu sono chiusi nella loro base che ospita – in emergenza – anche 1400 congolesi, soprattutto soldati.
La prima ministra congolese Judith Suminwa, intervenendo giorni fa al Consiglio Onu dei diritti umani, a Ginevra, ha detto che da gennaio nell’Est del paese sono morte oltre settemila persone (tremila a Goma, secondo i dati della Croce Rossa). E 450.000 sarebbero i nuovi sfollati, dopo la distruzione dei campi o il loro smantellamento ordinato il 9 febbraio dai miliziani.
Intanto il presidente Felix Tshisekedi chiede all’Occidente di comprare i minerali dalla «vera proprietaria», la Rdc, e non dal Ruanda che li saccheggia. Inoltre Kinshasa, visto il calo dei prezzi del cobalto, annuncia lo stop alle esportazioni del minerale per almeno quattro mesi, così da «stabilizzare i mercati e formalizzare il settore artigianale».
SUL FRONTE internazionale qualcosa si muove. Confusamente. I 27 ministri degli affari esteri dell’Unione europea hanno sospeso le consultazioni con Kigali in materia di sicurezza e difesa.
Rinviati però altri interventi, come sanzioni ad personam e la revisione del Memorandum d’intesa con il Ruanda sulle materie prime critiche (il Parlamento europeo ne ha chiesto la sospensione): infatti il Lussemburgo ha posto il veto, sostenendo l’opportunità di attendere la – non avvenuta – riunione Sadc-Eac.
Il Regno unito ha sospeso la cooperazione bilaterale con Kigali, «salvo l’aiuto ai più poveri e vulnerabili». E il Dipartimento del tesoro statunitense ha dichiarato sanzioni contro il ministro ruandese per l’integrazione regionale, l’ex militare James Kabarebe, accusandolo di avere un ruolo centrale nel sostegno all’M23. Ma lo stesso ministro ha incontrato l’inviato speciale dell’Unione europea per i Grandi laghi, Johan Borgstam, per ribadirgli – recita il comunicato – che «la Rdc non è l’Ucraina», perché «il Ruanda affronta una minaccia esistenziale»; e comunque «le misure punitive sono un ostacolo alla pace».
In visita nella capitale Kinshasa, Jean-Pierre Lacroix, vicesegretario delle Nazioni unite, per lavorare alla messa in opera della risoluzione del Consiglio di sicurezza del 21 febbraio, chiede il ritiro dell’M23 da tutte le aree controllate.
https://ilmanifesto.it/esecuzioni-saccheggi-m23-che-avanza-7-mila-morti-in-due-mesi
Commenti recenti